Intervista a Roberto Lencioni


Roberto Lencioni, il meccanico dei grandi campioni capace di cambiare pedivelle e tubolari a tempo di record, da qualche anno si dedica ai bambini del G.S. Cicli Carube Progetto Giovani.

1.Come e quando ti sei avvicinato al mondo del ciclismo?

1- Ho cominciato a correre a 12 anni, ho partecipato a quattro corse nella categoria giovanissimi per poi passare a quella che una volta si chiamava leva dell’esordiente. A 15 anni, quando ero ancora esordiente, mi sono montato la mia prima bicicletta, mi è sempre piaciuto montare e smontare i vari componenti delle bici. A 19 anni quando ho smesso di correre, grazie alla conoscenza di Piero Pieroni che abitava vicino a casa mia, ho iniziato a seguire qualche corsa sull’ammiraglia della Gis. Nel 1979 ho cominciato a lavorare come meccanico con la Mobili San Giacomo di Carlino Menicagli e poi ho continuato a fare quel lavoro per molti anni.

2.Nel corso della tua carriera sei stato il meccanico ti tanti campioni, qual è il corridore con il quale hai legato maggiormente?

2- Ricordo con piacere tutti i corridori che ho seguito, quando ci incontriamo ancora oggi è sempre una grande festa per tutti. Quello con cui sono più legato è sicuramente Mario Cipollini, l’ho seguito per molti anni e il nostro rapporto era un po’ diverso da quello che generalmente si instaura tra un corridore e il meccanico; Mario ed io trascorrevamo insieme quasi 250 giorni l’anno, tra noi è nato un rapporto molto particolare, quasi unico.

3.Ti è mai capitato di fare qualche intervento molto delicato in corsa?

3-Nei primi anni da meccanico mi capitava anche di cambiare un movimento di centro o dei fili in corsa, montavo la bici guasta sul tetto della macchina e la aggiustavo. Una volta non tutti i corridori avevano la propria bicicletta di scorta, in caso di necessità gli si dava una bicicletta più o meno della loro misura, in attesa di sistemarli il loro mezzo. Poi è normale che durante una corsa capiti di regolare il cambio, alzare o abbassare la sella o fare altri interventi di questo genere. Ricordo che ad una corsa mi capitò di cambiare l’abbigliamento a Cipollini sporgendomi dal finestrino della vettura.

4.Da quando hai smesso di seguire i team professionistici a cosa ti sei dedicato?

4- Da quando ho smesso con il ciclismo professionistico ho creato una squadra di bambini per dargli la possibilità di correre, adesso ho una ventina di ragazzini tra i 7 e i 12 anni ( categoria giovanissimi). Inoltre essendo un vecchio meccanico ho cominciato ad occuparmi di bici d’epoca e vintage, seguo eventi quali l’Eroica ad esempio.

5. Che cosa ti ha dato e ti dà maggior soddisfazione nel tuo lavoro?

La maggior soddisfazione sta nel fatto che ho fatto un lavoro di cui avevo passione, è già una grande fortuna rispetto a chi deve andare a lavorare tutti i giorni in una fabbrica e non vede l’ora di andare in ferie per staccare.

Alfredo martini e Roberto Lencioni

6.Da dove nasce il tuo soprannome Carube? 

6- Carube è un soprannome che avevano anche mio papà, mio nonno e il mio bisnonno, oltre ad essere il nome della corte in cui abito. Una mia cugina ha scoperto che nell’albero genealogico della mia famiglia c’è un antenato del 1700 che si chiamava Carubino; ma un’altra spiegazione dell’origine di questo soprannome potrebbe essere che i miei avi commerciassero animali e mangimi, magari la corte in cui vivo era il posto dove si vendevano le carrube, poi in Toscana una r si fa in fretta a perderla. Però onestamente non so quale sia l’origine precisa di questo soprannome.

7.Qual è il luogo più bello che hai visitato durante una trasferta ciclistica?

7- Ho visitato molti luoghi belli, il mondo è tutto bello. I luoghi un po’ più particolari che ho visitato sono la Namibia nel 2000 dove ho trovato l’Africa selvaggia in grado di farti venire il mal d’Africa e la Cina una ventina di anni fa quando le cose erano un po’ diverse.

8. Che cosa è cambiato tra il ciclismo di oggi e quello di 20/30 anni fa? Quale preferisci?

8- Onestamente non ho una grande esperienza del ciclismo moderno perché lo seguo “marginalmente”, ad eccezione di una piccola collaborazione con la UAE lo scorso anno, con la quale ho seguito una decina di corse poiché avevano bisogno di un supporto. Sicuramente sono cambiati i tempi, le tecnologie e la maniera di lavorare, una volta un meccanico sulla bici ci doveva davvero lavorare, mentre adesso le ruote sono già fatte, i telai hanno delle taglie universali (ad esempio S,M,…) e basta aggiungere dei piccoli pezzi come attacco, pedivelle, sella, ecc…. per completare la bici. Ai giorni d’oggi i meccanici fanno un lavoro di assemblaggio, mentre una volta il meccanico doveva sviluppare le misure e fare le ruote, ogni corridore aveva il suo telaio, c’era più artigianalità. Ora mai nei grandi giri ogni corridore ha almeno tre bici, se una ruota è rotta la butti via, non si ripara più anche perché siamo in un’epoca di usa e getta.

9.Cosa vuol dire essere il meccanico di un grande campione?

9- Essere il meccanico di un grande campione alla fine è come essere il meccanico di una squadra, comporta un senso di responsabilità perché bisogna cercare di essere sempre presenti nel momento del bisogno e di far bene il proprio lavoro per evitare problemi meccanici alle biciclette.

10.Se potessi cambiare una norma del regolamento UCI, quale cambieresti?

10- Il ciclismo di oggi si fa solo con i soldi e non più con una meritocrazia, questo aspetto a mio avviso andrebbe cambiato.

11. Per finire quali sono il brano musicale e piatto preferiti?

11- Mi piace ascoltare la musica leggera degli anni ’70 e ’80, mentre se devo proprio trovare un piatto preferito ti dico i tordelli alla lucchese che non si sdegnano mai.

Grazie a Roberto Lencioni per la disponibilità!

Articolo a cura di Pietro Fasola

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