Qual è il ruolo di un cuoco in una squadra di ciclismo? Scopriamolo con Massimo Carolo, chef che lavora al fianco di grandi team e grandi campioni da molti anni.

Caro Massimo,
1- Come e quando ti sei avvicinato al mondo del ciclismo?
Mi sono avvicinato al mondo del ciclismo con un mio fratello all’età di di vent’anni, ci siamo appassionati sia a praticarlo che a seguirlo fin da subito. Successivamente abbiamo aperto un’attività di ristorazione nel mio paese, lo stesso di Roberto Amadio che tra le altre cose è stato anche Team Manager della Liquigas. Un giorno parlando con lui mi sono proposto per fare un’esperienza da cuoco in un grande giro. Di solito chiudevamo il nostro ristorante pizzeria per ferie nel mese di luglio e perciò mi ero proposto per seguire la squadra al Tour de France. Amadio inizialmente era un po’ scettico, poi un un po’ per scommessa e un po’ perché sono riuscito a convincerlo mi ha portato alla Grand Boucle. Era la prima volta che seguivo una squadra di ciclismo e non sapevo come dovessi comportarmi, fortunatamente in molti alberghi ho condiviso la cucina con il cuoco di un’altra squadra che mi ha spiegato un po’ di cose. A fine Tour Roberto Amadio entusiasta mi disse: “Effettivamente un cuoco in una squadra di ciclismo serve perché velocizza i tempi di servizio al tavolo per gli atleti, prepara piatti che a livello nutrizionale ed igienico sono migliori di quelli che spesso si trovano negli alberghi”. Dopo quell’esperienza hanno cominciato a chiamarmi per seguire anche altre corse.
2- Cosa vuol dire essere lo chef di una squadra di ciclismo? Quali sono i tuoi ruoli all’interno del team?
Essere il cuoco di un team significa far parte di una squadra a tutti gli effetti. Si parte con degli obiettivi da raggiungere che variano in base alle ambizioni della squadra: dal vincere una grande corsa al vincere una o più tappe o centrare qualche bella fuga. Oltre ad occuparmi della preparazione del cibo e dell’alimentazione degli atleti collaboro anche con il resto dello staff, oltre a prepare i vari piatti capita di aiutare a distribuire le valigie dei corridori nelle camere degli alberghi o aiutare i massaggiatori a preparare le borracce. Tutti questi lavori ci portano a creare e a sentirci parte di un gruppo. Talvolta sono io ad avere la necessità di essere aiutato e quindi qualche altro membro dello staff mi dà una mano. Certamente il lavoro più importante è svolto dall’atleta ma dietro le quinte anche noi diamo il nostro contributo.
3- Ci possono essere grandi differenze di alimentazione tra un corridore e l’altro? Ti è mai capitato di lavorare con corridori vegetariani o vegani?
Negli ultimi anni mi è capitato di lavorare con atleti celiaci, vegetariani, vegani o con intolleranze. Chiaramente devo fare trovare degli alimenti adeguati a tutti. Per i vegetariani e vegani preparo una proteina non di origine animale mentre a chi è intollerante al glutine un carboidrato senza glutine. Per il resto l’alimentazione non cambia molto tra un corridore e l’altro. Può variare l’apporto di carboidrati in base alla difficoltà della tappa o della corsa del giorno dopo. In una classica come la Milano-Sanremo o la Parigi-Roubaix dove il consumo calorico degli atleti varia dalle 5000/6000 calorie fino alle 7000/8000 in base anche alle condizioni meteorologiche, il carboidrato, cioè una fonte principale di zuccheri, deve essere il piatto principale. Il giorno prima della gara possono mangiare anche 300g di pasta o 200 g di pasta e 100g di riso con una quantità minore di proteine e verdure e magari con l’aggiunta di una bella fetta di crostata. Durante un grande giro quando è in programma una tappa breve e senza grandi dislivelli il consumo calorico è nettamente inferiore, quindi si riduce la quantità di carboidrati e si aggiungono un po’ di proteine e verdure.
4- Nell’esercizio della tua attività quotidiana il nutrizionista lo vedi come un alleato o “un ostacolo” per le tue fantasie culinarie?
Il nutrizionista è un alleato del cuoco perché a livello di nutrizione ne sa molto di più. Negli ultimi anni l’alimentazione per un atleta è diventata fondamentale. Da parte mia cerco di utilizzare la mia fantasia per creare piatti che possono essere più sfiziosi e appetitosi rimanendo all’interno dei valori consentiti. Certamente non potrò preparare una cotoletta alla Milanese con le patate fritte ma posso dare gusti e sapori a piatti che altrimenti risulterebbero meno appetitosi.

5- Quando non sei impegnato nelle trasferte ciclistiche svolgi altre attività di ristorazione?
Ho avuto un’attività di ristorante-pizzeria con mio fratello dal 1990 al 2014. Dal 2009 ho cominciato a collaborare con la Liquigas seguendo il Tour e poche altre corse. In seguito ho avuto la proposta di seguire la Liquigas, diventata poi Cannondale, come cuoco per tutto l’anno. Nel 2014 abbiamo quindi ceduto la nostra attività . Per alcuni anni ho seguito solo la squadra, non ero in grado di garantire stabilmente la mia presenza altrove dato che trascorrevo tra i180 e i 200 giorni l’anno fuori casa. L’anno scorso con la pandemia e il lockdown non sapevo se e come fossimo ripartiti con il ciclismo, quindi mi sono guardato intorno. Ho collaborato in un ristorante nei fine settimana e ho aiutato mio cognato che fa l’imbianchino.
6- Il budget destinato alla “cucina” è illimitato (i corridori e lo staff devono mangiare il meglio a qualunque prezzo) oppure ha dei vincoli?
Normalmente lavoro nelle cucine degli alberghi, in accordo con la squadra posso spendere qualcosa per la cucina. Prima delle gare invio delle mail agli alberghi chiedendo di farmi trovare gli ingrendienti, specificando che se il tutto non rientra nel budget solitamente pagato dagli organizzatori, la squadra si fa carico delle spese extra. Oppure se mi servono degli ingredienti particolari me li procuro autonomamente utilizzando la carta del team. In genere lo staff mangia il menu servito dall’albergo, ma capita, soprattutto all’estero, che la qualità del cibo o il budget non siano abbastanza elevati da consentire un menu vario, in questi casi preparo qualcosa in più per loro. In linea di massima posso spendere ma non posso sperperare i soldi anche perché le squadre hanno dei budget da rispettare e dei bilanci da far quadrare a fine stagione.
7- Durante i grandi giri fate arrivare i prodotti appositamente dai fornitori fidati del team o vi appoggiate esclusivamente ai supermercati locali?
Come già detto prima il mio lavoro prima di partire per le corse consiste nel contattare gli alberghi. Faccio l’ordine dei prodotti necessari direttamente all’albergo e di solito mi fanno avere prodotti di qualità e di freschezza superiori a quelli che posso trovare in alcuni supermercati. Chiaramente un giro al supermercato lo faccio sempre per integrare ciò che manca. Generalmente cerco di portarmi appresso, sopratutto all’estero dove sono più costosi e difficili da reperire, del buon olio d’oliva comperato da un buon fornitore italiano, della pasta e del riso.
8- I pasti vengono preparati esclusivamente da voi dello staff o vi avvalete anche del supporto dello staff delle cucine degli alberghi?
Il mio lavoro consiste nel preparare i pasti degli atleti, dalla colazione alla cena passando per il pranzo durante i giorni di riposo o quando c’è una tappa che parte nel pomeriggio. Negli alberghi in cui non mi fanno portare i miei prodotti facciamo tutto noi appoggiandoci anche al nostro furgoncino cucina. In genere chiediamo all’abergo giusto il pane o il parmigiano grattugiato. Nella maggior parte dei casi però prepariamo tutto noi per gli atleti, dall’antipasto alle verdure e il dessert per concludere.

9- Utilizzi i tuoi attrezzi del mestiere o ciò che trovi negli alberghi riesci sempre a fartelo andar bene?
Per quanto riguarda la coltelleria e i piccoli attrezzi da cucina mi porto una mia valigetta con tutto il necessario. Per il resto cerco di utilizzare ciò che c’è negli alberghi anche se a volte capita che siano carenti di pentole, teglie o taglieri. Nel mio mezzo ho comunque tutti gli strumenti necessari che in caso di necessità posso utilizzare anche nelle cucine.
10- Hai un episodio da raccontare in cui a causa di un inconveniente hai rischiato di non far trovare nulla in tavola?
Fortunatamente no, è capitato qualche volta di fare trasferimenti lunghi o di non poter raggiungere facilmente l’albergo perché in prossimità del traguardo. Se proprio devo citare un episodio mi ricordo che una volta in Spagna siamo arrivati in un albergo sprovvisto di cucina. Mi avevano preparato un fornello, una specie di lavandino, un piccolo forno e un frigorifero vicino al bagno. All’inizio sono stato preso dallo sconforto ma poi dovendo far trovare il cibo in tavola agli atleti mi sono messo all’opera. E’ stato fondamentale il materiale che avevo sul furgone, in genere tengo due piastre a induzione, pentole e altri attrezzi strettamente necessari. Ho scaricato un tavolo e sono riuscito a prepare tutti i pasti. In quell’albergo avevamo anche il giorno di riposo, quindi ho dovuto preparare parecchi pasti. E’ stata dura ma alla fine ce l’ho fatta.
11- Che cosa ti dà maggior soddisfazione nel tuo lavoro? Qual è il piatto preferito dagli atleti?
Ciò che dà più soddisfazione è vedere gli atleti contenti di quello che mangiano. Quando un corridore vince o ottiene un bel risultato so che anche io ho dato il mio contributo e alla sera c’è l’occasione di festeggiare insieme con un brindisi. Il piatto preferito degli atleti è il tiramisù, un dolce che mi riesce bene. Quando la nutrizionista mi dà l’autorizzazione o qualcuno compie gli anni lo preparo come dessert. I corridori sono sempre contentissimi e per me è una grande soddisfazione.
12- Per finire, quali sono il tuo piatto, libro e brano musicale preferiti?
Non ho un libro preferito in particolare, in genere leggo libri di cucina. Il mio brano preferito è dei Led Zeppelin, un brano che mi ricorda i miei amici scomparsi anni fa.
Grazie a Massimo Carolo per la disponibilità !
Intervista a cura di Pietro Fasola, da Accra (Ghana).

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Articolo a cura di Pietro Fasola, da Accra (Ghana).
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