Masomah Alizada non è una semplice ciclista, è ambasciatrice di un messaggio ben più importante: “voglio mostrare che le donne sono libere di fare quello che desiderano”.
Masomah è cresciuta in un paese nel quale il ciclismo fino a poco tempo fa non era permesso alle donne, e ancora oggi non è visto positivamente. Negli ultimi anni in Afghanistan un gruppo di donne coraggiose, rappresentate a Tokyo da Masomah, stanno sfidando e abbattendo poco alla volta e non senza difficoltà questo tabù. Masomah si è avvicinata al ciclismo in Iran, poi all’età di 10 anni si è trasferita in Afghanistan, dove non ha più potuto praticare il ciclismo poiché bandito dai talebani.
Nel 2012 è riuscita a mettersi in contatto e ad entrare a far parte della Federazione Ciclistica Afghana. Ha così ripreso ad allenarsi, ma le persone non accettavano delle ragazze in sella ad una bici ed erano violente con loro. Masomah voleva semplicemente rendere il ciclismo normale fino a farlo accettare a tutti.
Nel 2016 Masomah e sua sorella Zahra sono state protagoniste di un documentario francese intitolato “Le Piccole Regine di Kabul”, con lo scopo di mostrare le difficoltà quotidiane che una ciclista donna deve affrontare nel loro paese.
Guardando questo documentario un avvocato francese in pensione di nome Patrick Communal ha deciso di richiedere un visto umanitario e asilo politico in Francia per le due sorelle. In terra francese Masomah è rimasta stupita di come sia facile per donne e uomini pedalare su una bicicletta.
Sia Masomah che Zahra sono studentesse alla University of Lille, la prima studia Ingegneria Civile e ha ottenuto una borsa di studio del programma IOC Refugee Athletes Scholarship, che gli ha permesso di dedicarsi sia allo studio che al ciclismo. I suo sforzi e sacrifici sono stati ricompensati quando, a inizio giugno, ha appreso della qualificazione per la cronometro dei Giochi Olimpici di Tokyo con l’Olympic Refugee Team.
Articolo a cura di Pietro Fasola